Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/43


xliii

Biblioteca Casanatense: non ho verun dubbio che quest’opera esista veramente, e sia una traduzione di Petronio; ma per ostinate e grandissime indagini che io abbia praticato e fatto praticare in quasi tutte le Biblioteche di qua dagli Apennini, non mi fu possibil mai di trovarla. Concesso però che il Ciriaco abbia tradotto le Satire di Petronio, il titolo da lui dato alla sua versione m’induce a supporre che non avesse conosciuto il bel frammento della cena di Trimalcione pubblicato pochi anni prima dallo Statilio, altrimenti ei doveva più presto accennare nel titolo del suo libro il nome di Trimalcione, che quello di Eumolpione, e che per conseguenza egli abbia tradotta quella sola parte, che contiene le avventure di quest’ultimo, che in mancanza dell’altro può considerarsi per principale attore in questa favola. Ad ogni modo però il Ciriaco non conobbe assolutamente i frammenti dati in luce dal Nodot, quindi incompleta è l’opera sua. Può adunque la nostra traduzione presente riguardarsi tuttavia come la prima che se ne abbia in Italia.

L’Argelati cita eziandio le opere di Petronio Arbitro tradotte in versi italiani da Giulio Cesare Becelli, dicendo che rimasero manoscritte, e adducendo in testimonio il P. Zaccheria, come colui che le avesse citate nel catalogo degli scritti del Becelli riportato nel Tomo 2. della Storia Letteraria d’Italia. Ma nè il P. Zaccheria riporta questa notizia, nè giammai forse il Becelli l’asserita versione eseguì, perchè avendo io con ottimi mezzi tentato di verificarla ne’ manoscritti rimasti alla famiglia sua di Verona, nessun indizio ne è risultato. Non diversamente mi avvenne del poemetto sulla Guerra Civile, che l’Argelati dice tradotto in ottava rima dal P. Gio. Azzolini chierico regolare Salentino, col titolo la Discordia di Petronio. E resto maravigliato come il P. Paitoni, e l’Abb. Villa, uomini della italiana lettura eruditissimi e benemeriti, i quali alla Biblioteca dell’Argelati