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Portici. Io non mi saprei certamente di qual borgo qui si facesse menzione, fuorchè di Ercolano; massimamente per l’incidenza di aver nominato Ercole. Ed Ercolano fu già un borgo di qualche fama, la quale si accrebbe per le sciagure, che di mano in mano soffrì. Imperocchè le di lei mura rovinarono per terremoto ai tempi di Nerone, come riferisce Seneca nella sesta questione cap. 1. Dipoi ai tempi di Tito venne per la massima parte in tal modo sepolta sotto i torrenti del Vesuvio, che rimase esposta al calpestio di passaggieri. Dietro tali calamità scorgesi facilmente come restasse Ercolano senza alcuna celebrità e un picciolo borgo, quasi senza alcun nome, rimanendovi appena il tempio d’Ercole col portico, cui i vicini visitavano nelle solennità di quel nume. Dal qual portico il luogo che lentamente in quella vicinanza si accrebbe, fu detto Portici. Che poi la villa di Portici si trovasse d’appresso all’antico borgo di Ercolano, ci è ora manifesto coll’opera del felicissimo genio di Carlo III. Re di Spagna, il quale nel 1738 facendosi colà innalzare un palazzo, espose in luce le sepolte rovine di Ercolano. Senza di ciò chi ne avrebbe scoperto il vero sito, o chi avrebbe affermato che l’odierna villa poco più di tre miglia distante da Napoli non fosse edificata cogli antichi avanzi di quel borgo? Infatti i nostri maggiori se ne allontanavano alquanto cercando Ercolano nelle vicinanze di Pompeja, e nella tavola Peutingeriana erroneamente vi è detto che distasse da Napoli 6 o 11 miglia. Quindi se il supplemento Nodoziano fosse una pretta impostura, chi avrebbe detto a Nodot cinquant’anni prima che venissero scoperte le vestigia di Ercolano, che dove una volta era il portico (oggi Portici) ivi fosse un picciol borgo destinato a solennizzarvi le feste d’Ercole? E tanto più volontieri assolvo il Nodot dalla taccia di falso, quanto meno aveva