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stumi osceni di Tiberio, di Caligola, e principalmente di Claudio, facendone di tutti un impasto e formandone questa sua favola. Se il parere dell’Ignarra avesse trionfato, era d’uopo credere che si avessero presi di mira i vizj di Commodo, o di Eliogabalo; ma abbastanza abbiam rifiutata questa opinione, e nessuno ha fin qui ammessa quella del Burmanno, anzi l’universale consenso de’ commentatori ed interpreti ha determinato sulla fede di Tacito che Nerone ne sia il protagonista. Io sottoscrivo interamente a questo parere; perchè è ben vero che a Claudio, ed a Messalina sua moglie ed agli scostumatissimi loro favoriti e liberti possono applicarsi molte parti della Satira di Petronio, ma nell’intutto non è suscettibile di questa applicazione; laddove all’incontro ogni piccolo frizzo, come io vo avvertendo nelle note, è allusivo ai costumi di Nerone, de’ quali tanti scrittori illustri ci hanno lasciato memoria. Oltre di che due forti argomenti si hanno (senza far nuova menzione della testimonianza di Tacito) per escludere l’opinione dell’editore e commentatore olandese, e sono il nome di Trimalcione, uno degli eroi della favola, e il carattere spiritoso de’ personaggi sotto la maschera de’ quali è nascosto Nerone. Il primo argomento è somministrato dal Bourdelot, il quale nella bella edizione da lui fatta di Petronio assicura in una sua nota essere stata coniata in onor di Nerone una medaglia colla iscrizione C. NERO. AUGUST. IMP., e sul rovescio TRIMALCHIO. Ciò mi induce a credere che questo nome, che vuol significare ter mollis, fosse a quel Principe proverbialmente attribuito dalla plebe di Napoli, che doveva conoscere la di lui vita deliziosa e lasciva. Ognun sa quanto il volgo di ogni paese e di ogni tempo inclini ad affibbiare altrui qualche soprannome o di onore o di derisione, fondandolo sopra circostanze o qualità particolari di colui, al quale lo affibbia. Così forse il Petronio nostro ebbe il soprannome di Arbitro, perchè era