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lettere 227
Carissimo Sig. Don Carlo

Verona li 19 del 1826.


O fatta o guasta, io n’ho pur cavate le mani: dico, che ho fornita di voltar nella nostra lingua la novella della Matrona Efesina. Ella mi dirà, quanto a pezza le sarà paruta calante da quella che si aspettava. Non successit? at feci sedulo, dicea Davo o Siro. Ella vedrà che qui e qua io lessi variamente, secondo altri testi: e mi dirà se abbia colto nel segno. Ma colui non iscrisse il puro romano: di che non si può sempre accertare nel senso inteso da lui. Ella mi segua ad amare, come

Tutto suo

A. Cesari.


Al Chiariss. Sig. Abate.
Prof. D. Carlo Bologna
nel Seminario

a Vicenza



Chiariss. e Cariss. D. Carlo

Verona li 6 Febb. 1826.


Il ritardo da lei messo a rispondermi circa la novella Efesina, mi facea quasi temere, non forse... che so io? Or lodato Dio! che ne fu altro: e mi piace, che tanto le sia piaciuta. Vengo alle osservazioni sue. Ben dice dell’hypogaeum: non vi posi così mente: che anche a me quel sotterra parea poco. Direm dunque