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frammenti di petronio il satirico | 213 |
La morte amica i tristi: addolorati
Mescon lor pianto i padri orbi rimasi,
9Cui quell’ora funesta ebbe appaiati.
Noi pure al ciel co’ nostri caldi accenti
Palpiteremo insieme: è di già fama
12Più le preci congiunte esser possenti.
XXXVI.
Come che orrenda, ogni distretta cessa,
Sol che si voglia; che il clemente nume
3In nostra man la medicina ha messa.
L’umile ortaggio e la mora pendente
Dai ruvidi roveti hanno talvolta
6Satolla la digiuna epa gemente.
Ben uscito è di senno chi lungh’esso
Le linfe asseta, o che s’agghiada all’Euro,
9Mentre accesa catasta arde dappresso.
Veglia rigida legge all’interdetto
Limitar d’una moglie; ma tal legge
12Non teme, no, d’una donzella il letto.
Onde se affami, ampia è natura; avrai
Di che sbramarti; ma se a gloria aspiri,
15Affami sempre, e non ti sazii mai.
XXXVII.
Il vil Giudeo, ch’empie ecatombe appresta
Al ciacco, e il cielo a sè propizio invita
3Coi porti voti all’asinesca testa: