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212 | frammenti di petronio il satirico |
A forza schiude; e non fa sosta prima
Quel, che l’ossa ne astringe e vi serpeggia:
6Gelido orror, che l’allentata cute
A tepente pudore apra l’uscita.
XXXIV.
Così contro il processo, onde ne dona
Suoi ben natura, annida il corvo in quella
3Che la bionda il cultor messe accovona.
Così ai parti difformi orsa dar suole
Forma lambendo, e senza tresche e amori
6Figliano i pesci numerosa prole.
Così febea testuggin, poi che l’uova
Sgravidata depose, di sue nari
9Sol col tepore le fomenta e cova.
Così le pecchie entro le inteste cere
Fervendo van, senza connubio nate,
12E il campo adempion di gagliarde schiere.
Non sempre ad una foggia è di natura
L’immenso magistero; attemperata
15Con alterne mutanze è la sua cura.
XXXV.
Chi nel mar ruppe e fu condotto a male,
D’altri non va, con cui plorarne, in traccia,
3Che di chi incolto è da iattura eguale.
E chi rapir dal turbine la messe
Vide e l’annata, il suo cordoglio affida
6Meglio a chi tocche ha le distrette stesse.