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licenza introdussero nel bel parlare. Inoltre osserva che non parla mai della Palestra di Napoli: ma bensì dei giochi Circensi, ch’egli assicura esservi stati introdotti dopo l’impero di Commodo; e finalmente argomentando dallo stile fiorito di Petronio, dalla bizzarria delle invenzioni, dalla riverenza agli astrologi, dalla trascuranza de’ Dei gentili, da qualche oscuro sarcasmo al rito Cristiano, e da alcune voci e modi di dire che sono comuni ad Apuleio, nè prima usati dai buoni scrittori, egli conchiude a crederlo posteriore di poco a S. Giustino martire, e in somma lo colloca tra la fine del secondo secolo e il principio del terzo, cioè all’epoca di Luciano, di Filostrato, e di Apuleio.

Di tutte queste prove la prima sola è quella che ci conviene combattere, come la più calzante e robusta, se fosse vera. Chè quanto alle voci non usate da buoni scrittori, prima di Petronio, noi vedremo tra poco colla scorta del Burmanno, che ciò dipende dall’aver voluto in alcun luogo usar le parole vernacole del paese, ove è posta la scena del suo romanzo; quanto ai frizzi vibrati al Cristianesimo, non ve n’ha uno che veramente si possa conoscer per tale, nemmeno fra quelli avvertiti dal signor Ignarra; quanto alla trascuranza de’ propri Dei, ella era in voga anche avanti Nerone, come abbiamo dagli scrittori contemporanei; quanto alla fede negli astrologi, e nelle stregherie, ne abbiam tanti esempj anteriori in Orazio ed altri fin dal tempo d’Augusto, che sarebbe inutile di citare; quanto alla bizzarria delle invenzioni, ed allo stile fiorito, ciò è qualità dell’ingegno, e non dei tempi, e quanto alla falsa eloquenza, ella era di già imputata da Orazio e da Quintiliano, all’età loro; cosicchè tutti questi argomenti non servono in verun modo ad ottenere l’intento di trasportare l’età del nostro Petronio dai tempi di Nerone a quelli di Commodo, o anche più tardi. Nè il cenno che vi si ha dei giochi Circensi in Napoli, e il silenzio della Palestra,