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arte poetica. poemetto, ecc. 167

Che vuol depressi il fato. Ecco tra’ i molti,
Battendosi le braccia alabastrine
360E col serto di ulivo ombrando il viso,
A fuggir più sollecita la Pace,
Che nel regno implacabile di Dite
Dalla terra partendo asilo cerca.
La fede umiliata a lei si accoppia,
365E la Giustizia con le chiome sparse,
E guasta i panni la Concordia mesta.

    Ma su la soglia de’ tartarei chiostri
Largo schierato stà l’infernal coro.
Ivi è l’orrida Erinni, ivi Bellona
370Minacciatrice, ivi di faci armata
Sorge Megera, ivi è la Frode, e il Lutto,
E la pallida faccia della Morte.
Qual belva sciolta d’ogni fren, la testa
Sanguinolenta in fra costor sfacciato
375Alza il Furor; tinto di sangue ha l’elmo
Ove la guancia d’assai piaghe scabra
Usa celar. Con la sinistra mano
Stringe di Marte il logorato scudo
Di dardi innumerevoli coperto,
380E con la destra minacciosa porta
Struggitor di paesi acceso tizzo.

    Sentì la Terra nel suo grembo i Dii:
E perchè tutta celeste reggia
Nè due partiti si divise, gli astri
385Seguian le traccie del cambiato centro.
Del suo Cesare pria le imprese guida
Venere, a cui Pallade e Marte, l’asta
Altissima quassando, al fianco stanno.
Apol, Diana, e di Cilleno il figlio
390A Pompeo son propizj, ed Ercol anche,
Al qual Pompeo si assimigliava.