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164 capitolo ventesimottavo

La mia lite è decisa: armato in mezzo
255A tanti bravi io vinto esser non posso.
Disse, e il delfico augel134 l’aure fendendo
Lieti presagi offrì: non use voci,
Da una fiamma seguite al manco lato
Del sacro bosco risonaron poi,
260E in maggior cerchio i suoi rai sparse
Incoronando d’aurea luce il volto.

    Cesare altero de’ felici augurj
Mosse i segni di Marte, e arditamente
Primo avanzò nell’inaccessa via.
265Nè il ghiaccio antico, nè la bianca neve
Testè gelata, nè il terren si oppose,
Che in mezzo a tanto orror fu mite a lui;
Ma poi che rotti gli addensati nembi
Ebber le torme, e che spezzò que’ ghiacci
270Il caval timoroso, allor le nevi
Si dileguaro, e nati appena, giuso
Precipitaro dalle eccelse rupi
Torrenti, cui di novo il gel strignea,
E al par di pria ne istupidiva l’onde,
275Che indurate giacean, come poi fosse
Opra d’incanto. Vacillaro allora
I passi già non ben sicuri, e i piedi
Sì scivolaro, che i soldati a frotta
L’un su l’altro cadean d’ira fremendo,
280E lungi tratte si ammucchiavan l’armi.
Anche le colme nubi ecco versare
Il peso che le aggrava, ed ecco i venti
In vortice rapiti, e in grandin grossa
Rompersi il cielo, e i nembi stessi a squarci
285Sugli armati piombare, infuriando
Al par della gelata onda d’Eusino.
Nascosta entro le nevi era la terra,
Nascosti gli astri in ciel, nascosti i lidi