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violazione de’ trattati. naufragio. 147


Queste cose mi affliggevano, e ciò che più m’inquietava si era che Eumolpione venisse a sapere il fatto: perchè codesto intemperatissimo verseggiatore potea volermi vendicare contro la creduta rea, e tale indiscreta premura mi avrebbe senza dubbio messo in ridicolo, ciò che mi teneva in maggiore agitazione.

Ma intanto che io studiava tra me come fare che Eumolpione nulla sapesse, ecco che egli entra improvvisamente, informato di tutto, perchè Trifena ogni cosa avea riferito a Gitone, a di lui carico tentò avere un compenso del mio rifiuto: laonde Eumolpione era in grandissima stizza, tanto più che siffatte insolenze violavano dirittamente la contratta alleanza.

Quando il vecchio mi ebbe veduto dolermi del mio destino, volle, ch’io gli narrassi come la faccenda era ita. Io adunque a lui, che già ben lo sapea, dissi ingenuamente tanto l’arroganza sfacciata di Lica, quanto i trasporti lascivi di Trifena: locchè udendo Eumolpione giurò con termini chiarissimi ch’egli ci avrebbe assolutamente vendicati, e che gli Iddii erano assai giusti per non lasciare impunite tante scelleraggini.

Intanto che in queste parole e discorsi si occupavano il mare erasi fatto brutto, e le nuvole sparse dintorno aveano oscurato il giorno. Spaventati i marinai accorsero all’opera loro, procurando a forza di vele sottrarsi alla procella, ma nè il vento spignea i flutti direttamente, nè il piloto sapea ove drizzare il cammino: talvolta il soffio cacciavaci verso Sicilia, e più spesso aquilone, che domina i lidi d’Italia, volgea da questo e da quel lato la combattuta nave, e ciò che divenne più pericoloso di ogni bufera, improvvise e dense tenebre nascosero in modo la luce, che il piloto non arrivava a veder tutta la prora. Laonde, vista apertamente ogni speranza perduta, Lica il prepotente Lica, tremando alzò supplichevole le mani a me, dicendomi: O Encolpo: Aiutaci tu pure in questo periglio, colresti-