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navigazione, e comitiva inaspettata | 127 |
la nave declinare dal robusto suo corso, e che Lica non sia per andar nelle camere degl’infermi; come possiam noi sortir della nave senza esser visti da tutti? colle teste coperte o ignude? se coperte, chi non vorrà porger la mano ai languenti? se nude non è egli lo stesso che tradirci da noi medesimi?
E perchè, rispos’io non ricorriamo ad un colpo ardito, e calandoci per la corda non discendiamo nello schifo, e tagliata la gomena non ci commettiamo dipoi alla fortuna? Ma io non costringo Eumolpione a entrare in questo pericolo, imperocchè a che giova mischiar gli innocenti nel rischio altrui? Io son contento se il caso ci aiuti a discendere.
Non è cattivo il pensiero, soggiunse Eumolpione, se potesse riescire. Ma chi non ci vedrà partire? e il pilota massimamente, che la notte vegliando tien cura per sino de’ movimenti degli astri? E potrebbesi forse, benchè non dormisse, ingannarlo, ove si tentasse di fuggire da un’altra parte del bastimento; ma ci bisogna calar per la poppa, e dov’è il timone, perchè di là pende la fune, che tira il palischermo. Oltracciò mi maraviglio, o Encolpo, che non ti sovvenga, che un marinaio sta sempre di guardia nello schifo, nè puossi allontanarlo fuorchè ammazzandolo, o a tutta forza precipitandolo in mare. Locchè se giovi fare, interrogatene il vostro coraggio. Che per ciò che riguarda la mia compagnia, io non ricuso verun pericolo, dal quale appaia qualche speranza di salvezza; ma arrischiare senza motivo la vita come cosa da nulla, voi stessi, per quel ch’io penso, non lo vorrete. Or vedete se vi piaccia quest’altro espediente. Io vi caccerò in due bolge di cuoio, e legativi colle cigne insieme ai miei abiti vi farò passare per mio bagaglio, tenendo però una qualche apertura, donde possiate prendere e fiato e alimento; dipoi pubblicherò che i miei servi si sono la notte precipitati in mare per timore di maggior