Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/151


fine del convito 95

ricco abbastanza. Per ora intanto che Mercurio invigila sopra di me, questa casa ho edificato, la qual come sapete era un trabaccolo, ed ora pare un tempio; sonovi quattro sale da pranzo, venti camere, due portici di marmo, e di sopra un torrioncino, che è la stanza, ov’io dormo; il gabinetto di questa vipera, un’ottima stanza per il guardiano, e una foresteria capace di mille ospiti. Insomma, quando Scauro vien qui, non vuole abitare altrove, sebben egli abbia il casino di suo padre in riva al mare. Molti altri comodi vi sono, che fra poco vi mostrerò. Credete a me: abbiti danaro, e farai danaro. Ne hai? Ne averai. Così l’amico vostro, che già fu rana, ora è re.

Intanto portami, Stico, gli arnesi mortuari, nei quali voglio essere involto. Porta pure l’unguento, e togli da quella bottiglia il balsamo, di cui voglio che si lavino le mie ossa.

Stico non fu lento, e portò nel triclinio una copertina bianca, e la toga. Trimalcione ci ordinò di esaminare se fosser tessute con buona lana; poi sorridendo, bada ben, disse, o Stico, che i topi o le tignuole non tocchino queste cose; altrimenti io ti fo bruciar vivo. Io voglio esser trasportato con magnifecenza, onde tutto il popolo abbia ad augurarmi del bene.

Aperse di poi l’ampolla del nardo, e ci unse tutti, e spero, disse, che questo debba giovare a me morto, come vivo mi giova. Fece altresì versare vino in un vaso, dicendo: fate conto di essere invitati alle mie esequie.

Questa faccenda diveniva fastidiosissima, quando Trimalcione cadente per turpissima ubbriachezza comandò che si conducessero nella sala i sonatori di corno, per fare una nuova musica, e sostenuto da molti origlieri si stese sul catafalco, e disse: fingete che io sia morto, e dite su qualche cosa di bello.

I cornetti alzarono un funebre strepito, ed uno fra