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84 | capitolo decimosesto |
allora gli è calzolaio, cuoco, fornaio, allievo insomma di tutte le muse. Egli ha però due vizj, i quali se non avesse, non mancherebbegli nulla: egli è stordito e dormiglione; giacchè non faccio alcun caso, che egli sia losco. Ei guarda come Venere,80 ed è perciò che non sa tacere: lo pagai appena 300 denari, credendo che gli mancasse un occhio.
Scintilla lo interruppe, dicendo: tu non racconti tutte le malignità di questo birbantello. Gli è il tuo favorito; ma io saprò ben io farlo bollare.
Sorrise Trimalcione, e disse: io conosco quel Cappapadoce: ei non vuol perder nulla, e perdio, io ne lo lodo perchè ei non ha il suo simile; ma tu, Scintilla, non volerne esser gelosa: credi a me, te pure io conosco. Così, possa morir s’io mento, così io ho usato di assediare lo stesso Ammea, sicchè il padron nostro ne sospettò, onde mi relegò in campagna. Ma sta zitta, o io ti darò pan pe’ tuoi denti.
Lo schiavo briccone, quasi di ciò si tenesse lodato, trasse di seno una lucernetta di terra, e si fece a suonarla a guisa di trombetta per più di mezz’ora, accompagnato da un versaccio di Abinna, il qual colla mano tiravasi in giù il labbro inferiore. Finalmente ei si avanzò nel bel mezzo, ed or danzava battendo certe canne fesse, or coperto di una zimarra e colla frusta imitava il parlare de’ mulattieri, finattanto che Abinna chiamatolo il baciò, e diègli a bere, dicendo: sempre meglio, o Massa;81 io ti regalo un paio di calze.
Non sarebbe mai giunto il termine di questi fastidj, se non fosse venuta l’ultima portata composta di un pasticcio di tordi, di zibibbo, e di noci condite. Tenner dietro i pomi cotogni contornati di chiodelli di garofano, che pareano tanti porcispini: e tutto ciò era pur passabile, se non si fosse data un’altra sì pessima vivanda, che prima di mangiarne avremmo voluto morir di fame. Quando fu in tavola, noi pensammo che fosse