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sapienza di trimalcione 65


Intanto che di sì gravi faccende parlava, un famiglio gli cadde addosso. Tutti i servi, non che i convitati, alzarono un grido, non per quel fetido omiciattolo, di cui avrebbero anche viste di buon grado fracassate le tempia, ma perchè mal finisse la cena, e ci fosse d’uopo di andar a piangere un morto che non ci apparteneva.

Trimalcione altamente lagnandosi, e sul braccio chinandosi, come se fosse ferito, accorsero i medici e Fortunata tra i primi co’ capegli all’aria, un bicchiero in mano, e sè misera e sciagurata chiamando.

Il famiglio, che era caduto, a’ piedi nostri si era prima strisciato intercedendo la sua libertà. Io ne avea tratto pessimo augurio che da tali preghiere non derivasse qualche dolorosa catastrofe, perocchè ancora non erami uscito di mente quel cuoco, che avea dimenticato di sventrare il maiale. Perciò mi posi a guardare intorno a tutto il triclinio per vedere se non sortisse dalle pareti qualche fantasma; e molto più quando si venne a sferzare uno schiavo, il quale avea involto il braccio contuso del suo padrone con lana bianca,61 e non porporina. Nè molto lontan dal vero andò il mio sospetto, perchè in luogo di cena arrivò un decreto di Trimalcione, col quale ordinava che quel famiglio rimanesse libero, acciò non si avesse a dire che un sì gran baccalare fosse stato offeso da uno schiavo.

Noi a questo fatto applaudimmo, e ciarlammo dipoi in cento maniere sulle vicissitudini delle cose umane. È vero, Trimalcion disse, e fa d’uopo, che questo caso non passi senza che se ne scriva. E chiesta subito la tavolozza, dopo un breve pensiero, recitò questi versi:


Quando men tu gli aspetti
    Nascono i strani effetti:
    3Che fortuna fa suoi