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64 | capitolo quattordicesimo |
ragione di Trimalcione, 30 fanciulli maschi e 40 femmine: portati dall’ala nel granaio mille cinquecento moggia di frumento: buoi domati cinquecento. Nello stesso dì, Mitridate schiavo, impiccato alla croce per aver bestemmiato il genio tutelare di Gaio nostro. Nello stesso dì riposto in cassa cento mila lire, che non si poterono impiegare. Nello stesso dì, accesosi il fuoco negli orti pompeiani, cominciato la notte in una casa da villano.
Aspetta, disse Trimalcione; da quando in qua ho io comperato gli orti pompeiani?
L’anno scorso, rispose l’Agente: per ciò non erano ancor messi a libro.
Trimalcione adirossi, e disse: qualunque fondo mi si compri, se dentro sei mesi io non ne sarò avvertito, proibisco che mi si porti in conto.
Si lessero di poi gli editti degli Edili, e i testamenti degli Ispettori de’ boschi e foreste, ne’ quali costituivano con molte lodi erede Trimalcione. Dipoi si lessero i nomi de’ fittaiuoli, e il fatto del capo-squadra che ripudiò la moglie liberta per averla sorpresa in camera del custode de’ bagni; e quello dell’usciere deportato a Baia; e del tesoriere già dichiarato colpevole; e del giudizio pronunciato nella causa de’ camerieri.
Entrarono finalmente i saltatori, ed un certo Barone uomo sciocchissimo, si presentò con una scala sulla quale fe’ salire un ragazzo, a cui comandò che saltasse e cantasse, tanto salendo, quanto essendovi in cima. Il fece in seguito attraversar de’ cerchj di fuoco, e tener co’ denti una bottiglia. Il solo Trimalcione maravigliavasi, e dicea che quello era un ingrato mestiere: nelle umane cose però due sole essere quelle ch’egli con molto piacere osservava, i saltatori, e le beccacce; e gli altri animali e divertimenti esser baie, e fanfaluche; perchè, soggiunse, io comperai dei commedianti, e volli poi che recitassero farse, ed al mio corista ordinai, che cantasse in latino.