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sapienza di trimalcione 63

grandi dal più al meno quanto quelle, in cui Cassandra ripose gli uccisi suoi figli, e vi sono sì bene scolpiti i ragazzi morti, che li diresti veri ragazzi. Ne tengo una lasciatami dal mio aio, su cui vedesi Dedalo, che chiude Niobe nel caval troiano, e Mercurio con Amore,59 onde significare, che nei bicchieri sta la verità. E questi pezzi son tutti di gran peso; ed è perciò che io quando possiedo una cosa, non me ne privo a qualunque prezzo.

Mentre così parlava, un ragazzo lasciò cadersi un bicchiero; e Trimalcione, postigli addosso gli occhi, gli disse: castigati subito da te medesimo, giacchè sei sì sventato. Il ragazzo diessi tosto a pregare sommessamente; ed egli: di che mi preghi? quasi io voglia soverchiarti: io ti dico soltanto che tu ti castighi, onde non esser più sventato. Finalmente per nostra intercessione lo rimandò assoluto. Costui liberato si pose a correre intorno alla tavola, gridando: fuori l’acqua, e dentro il vino. Aggradimmo questa leggiadra piacevolezza, ed Agamennone sopra tutti, il qual sapeva per quali suoi meriti sarebbe stato altre volte invitato a cena.

Finalmente Trimalcione in mezzo a tanti applausi bevette più allegramente; anzi già era quasi ubbriaco, allor che disse: nessun di voi prega dunque la mia Fortunata a danzare? Credetemi, che nessuno meglio di lei balla la ridda;60 e sì dicendo levò le sue mani alla fronte sì bene imitando il comico Siro, che tutti gli spettatori gridarono: oh dio! quant’è bravo! oh dio! E sarebbe saltato in mezzo se in quella non gli si appressava all’orecchio Fortunata, e credo gli dicesse non convenire alla sua gravità quelle ridicolaggini. Niente fu mai in maggior contrasto, quanto egli tra la sua Fortunata, e il suo proprio umore. Del tutto poi interruppe codesto prurito di ballare il suo Agente, il quale, come venisse a recitare i fasti di Roma, lesse quanto segue:

Il giorno 25 luglio. Nati nel territorio di Cuma, di