Chiegga ignaro degli astri in mar profondo
Villan scarpato il temo, e Melicerta 144Griderà che il pudor morto è nel mondo.
Dritto inceder sai tu? la faccia incerta
Distinguere del vero, ed il falsato 147Suon del rame che d’auro ha la coperta?
Le cose da seguirsi hai tu notato
Con la bianca matita? e con la bruna 150Le da fuggirsi? Ne’ desir temprato,
Frugai, dolce agli amici, ed opportuna-
mente sai tu serrare e disserrare 153Il tuo granajo? e senza gola alcuna
Il nummo al suol confitto oltrepassare?
Nè alla bocca venir l’acqua ti senti, 156Se a te Mercurio con la borsa appare?
Se tue tal doti affermi, e non mi menti,
E saggio e liberissimo ti dico, 159Il pretore e il gran Giove assenzíenti.
Ma se ritieni ancor del cuojo antico,
(Sendo stato tu dianzi della ria 162Nostra farina) se al di fuor pudico
Hai di volpe nei cor la furberia,
Il dato avanti mi ripiglio, e al piede 165Ti rannodo il servil laccio di pria.
S’alzi un dito, e ragion nol ti concede,
Tu pecchi. Avvi atto più leggier? no mai. 168Ma per incensi, ad uom che torto vede,
Nè una mica di senno impetrerai.
Non s’accoppia pazzia con la saggezza; 171Nè tu, nel resto zappator, potrai