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     Lui si rapiscan le donzelle, e tutto
     Che il suo piè calcherà rosa diventi.
     Non commett’io tai voti alla nutrice,
     55Nè tu, Giove, esaudirli; ancor che tutta
     In un bianco vestire ella ti preghi.
Forza tu chiedi, e fida agli anni tardi
     Sanità. Cosi sia. Ma le salcicce,
     E i gran piatti agli Dei turan l’udito,
     60E rattengono Giove. Ha chi arricchire
     Con buoi svenati imprende, e su le viscere
     Mercurio invoca: prospera i miei lari,
     Prospera il gregge, e i suoi portati. E come,
     Sciagurato, se squagli entro le fiamme
     65Adipe tanto di vitelle? E pure
     Con vittime ed opime libagioni
     Costui perfidia in suo pregar: già cresce
     La spiga, già l’ovil cresce, già fatta
     È la grazia, già già: finchè deluso
     70E fuor di speme l’ultimo quattrino
     Invan sospira della borsa al fondo.
Se argenteo nappo, o vaso a gran rilievo
     D’auro in dono t’arreco, dal contento
     Tu propio sudi, il cor nel lato manco
     75Spremesi in gocce, e trepida di gioja.
     Da quì la mente di smaltar ti venne
     Con auro tríonfal le sacre effigi;
     Precipui quei tra divi enei fratelli
     Che invían purgati dal catarro i sogni:
     80A questi tu farai d’oro la barba.
L’oro i vasi di Numa, e il rame espulse