Insinuar ne’ figli esta lordura,
Chiedi tu donde viene alla favella 114Questa sì rancia del parlar frittura?
Questo smacco di stile, a cui la bella
Guancia lisciato, e di piacer furente 117Per le panche il zerbino ti saltella?
Orator di canuto e reo cliente,
Onta non hai del non saper salvarlo, 120Se non t’odi quel fiacco, egregiamente?
Se’ ladro, un dice a Pedio. A refutarlo
Pedio che fa? In antitesi a capello 123Libra i suoi furti. E allor lodarlo, alzarlo
Perchè ben pianta i tropi. Oh questo è bello!
Bello? ehi, Quirin! se’ forse in frega andato? 126E i’ movermi? io trar fuori il quattrinello
Se cantando mel chiede un naufragato?
Porti agli omeri il voto nelle rotte 129Vele dipinto, e canti, o sciagurato?
Pianga lagrime vere, e non la notte
Parate, chi a suoi lai mi vuole inchino. 132— Ma nerbo cresce e grazia alle mal cotte
Rime. — Oh! si vede. Il Berecinzio Atino,
Bella chiusa di verso! e mi s’accosta 135Quel che il glauco Nereo spacca delfino.
Cosi, sottrammo al lungo Apennin costa
Dolce assai. — Ma non è voto midollo 138Canto l’armi e l’eroe, e tutta crosta?
— Certo: un ramaccio in gran sughera frollo.
— Quali adunque son versi in tuo pensiero 141Molli, e da dirsi inflesso alquanto il collo?