Pagina:Satire (Persio).djvu/23


17

Or non è veramente avventurosa
     Di quel vate la cenere? e su l’ossa
     54Più lieve il cippo sepolcral non posa?
Non vuoi che l’ombra a quel plauso riscossa
     Si ringalluzzi, e nascan le víole
     57Dal fortunato rogo e dalla fossa?
Tu scherzi, mi rispondi, e non si vuole
     Poi tanta muffa al naso. Ov’è chi sdegni
     60Alte d’applauso popolar parole?
E lasciar versi, che di cedro degni
     D’acciughe nè d’aromi abbian paura?
     63O tu, chiunque io finsi a’ miei disegni
Avversario; non io, se per ventura
     Scrivo alcun chè di meglio, (e raro uccello
     66È questo meglio nella mia scrittura)
Non io temo la lode, chè baccello
     Non son: ma dell’onesto io non colloco
     69L’ultimo fin ne’ tuoi: oh bravo! oh bello!
Pesa quel bello: a che riesce il gioco?
     L’Ilíade d’elleboro bríaca
     72D’Azzio i’ non vengo a sdolcinar; tampoco
L’elegíuzze, che indigesto caca
     Il patrizio, nè quanto altri in forbito
     75Desco di cedro a scrivacchiar si sbraca.
In tavola tu sai caldo arrostito
     Dar di scrofa il saíme, e al lodatore
     78Morto di freddo un ferrajol sdruscito.
Parlami il ver, gli dici, ho il vero a core.
     Come parlarlo? Il vuoi da me? La fogna
     81D’un ventre sporto un piede e mezzo in fuore