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verecondia. Mi sia però lecito d’osservare, che Giovenale ha comune questa colpa con altri molti, a’ quali si è cortesi di larga indulgenza, e comune con Orazio principalmente, colla cospicua differenza che in Orazio la disonestà è una galantería, un trastullo, e spesse volte un consiglio; ma in Giovenale una virtuosa e severa detestazione. Aggiungi che il secondo scriveva in secolo corrottissimo, in cui le leggi eran mute, e l’antica verecondia romana interamente disfatta. Per avvivare negli animi le scintille già spente della virtù era dunque mestieri presentare il quadro del vizio in tutta la sua turpitudine, onde farlo efficacemente odioso ed orribile. Del resto al v. 35 della quarta di queste satire, ho dichiarato schiettamente il mio animo su questo punto.

Dopo tutto (giacchè è pur tempo di terminare), che verremo noi a concludere? Qual terremo più in pregio de’ tre Satirici? Noi amiamo, noi stimiamo noi stessi ne’ libri che più ci contentano, e riveliamo senza badarvi i segreti del nostro cuore. Un letterario giudizio, ove soprattutto intervenga la parte morale, non è dunque assai volte, che una gratuita imprudente manifestazione di ciò che coviamo dentro di noi. Tuttavolta affinchè niuno m’incolpi d’aver voluto elevare o deprimere con passione, ove dal fin qui detto non apparisse chiaro abbastanza il mio pensamento, finirò d’aprirlo senza pretensione e timore.

L’Einsio incantato d’Orazio nulla vede in Giovenale ed in Persio che meriti l’onore del paragone. Il Casaubono aggiudica a Persio la palma su gli altri due. Salta in mezzo il Rigalzio con lo Scaligero, e dichiarano in principe de’ Satirici Giovenale. Un gran volgo di altri eruditi in qualità d’interpreti e traduttori si gettano chi di qua chi di là, anteponendo sempre l’autore che più fatica lor costa. Se le cure che ho perdute su Persio dovessero far norma del mio giudizio, ognun vede a chi s’andrebbe il mio voto. Ma in opere di soggetto morale due doveri io distinguo nello scrittore; l’istruzione e il diletto, i bisogni del cuore e quei dello spirito. Se contemplo questi tre ingegni puramente come satirici, la lite di primazia può agitarsi tra Giovenale ed Orazio. Il mio Persio è troppo modesto per non entrare di competenza: ma ricordiamci ch’egli scriveva colla prima lanugine sulla barba, e i suoi rivali colla canizie. Se muovesi disputa dell’artificio poetico e dello stile, sarebbe delirio il contendere con Orazio. Ma lo stile di Persio derivato perennemente