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Persio, Giovenale, e fra noi Parini ed Alfieri (onorate ed acerbissime ricordanze) furono uomini di questa tempra. ma Orazio domato dai benefici del dispotismo, nudrito della voluttà, ed uno egli stesso per confessione sua propria della mandra beatissima d’Epicuro, non poteva Orazio investirsi di quella limpida bile che bolliva nel petto di que’ severi.
Occorre tuttavolta al pensiero una riflessione, che torna in molta lode del Venosino. Augusto, spenta la libertà della patria, propostosi di estinguere pur anche le memorie delle inique sue proscrizioni, vide esser poco l’aver sopito colla clemenza il furore delle congiure, che contra lui rinascevano tutto di più ostinate e più fiere dal sangue stesso in cui le affogava; vide (e fu Mecenate che gliel fece vedere) che l’unico partito a cui appigliarsi, era quello di comprare co’ beneficj la benevolenza e il perdono degli scrittori; vide che l’opinione non dipendeva dalle aste che li circondavano, ma dalla penna taciturna e romita de’ letterati; vide esser questi, e non altri, che nel gran libro della fama registrano l’ignominia, o la gloria de’ correttori delle nazioni, e che la posterità, ricevendo come sacre le sentenze dello storico e del poeta, istituisce il suo rigoroso giudizio secondo il processo che da questi le vien consegnato. Assistito adunque nel maneggio delle cose politiche da quell’accorto Toscano, Augusto ebbe il buon senno di seguirne esattamente i consiglj. La corte si cangiò pressochè in un liceo, e Mecenate accarezzando i buoni poeti, precipui dispensatori della pubblica lode, e cacciando i cattivi, la cui lode è grandissimo vituperio, due buonissimi effetti ne conseguì; e il primo fu quello di mansuefare coll’incantesimo delle Muse l’indole sanguinaria d’Augusto; l’altro di tirare a poco a poco il velo della dimenticanza sulle passate carnificine.
In questo stato di cose l’epicureismo divenne il sistema meno pericoloso, che si potesse da’ poeti abbracciare. Quando non è più lecito il parlare di libertà, quando le profonde e calde commozioni dell’animo vengono considerate come attentati contro l’assoluto comando, non rimane ai talenti altro miglior partito che quello della prudente ed onnipotente necessità, tacere e godere. Si abbandona il sentimento d’una libertà divenuta impossibile, ma si conserva allo spirito (ragiona quì con molta finezza mad. de Staël) un qualche avanzo di dignità nel seno medesimo del servaggio, nobilitando le indolenze della vita, e dando alla stessa voluttà una