Ma delle salse differenti è d’uopo
La natura saper. Con olio dolce
La più semplice fassi, a quel mischiando 95Vin grosso e salamoja fermentata
In orcio bizantin. Con erbe trite
E zafferan si fa bollire, e poi ―
Ch’è ben rappresa sopra vi s’infonde
Licor da bacche venafrane espresso. 100A’ tivolesi cedono in bellezza
I pomi del Picen, non in sapore.
In chiusi vasi star la venusina
Uva, e l’albana ama indurarsi al fumo.
Io fui primo a insegnar, che in bei tondini 105Si dispongano attorno su la mensa
L’uva e le mele, salamoja e alici,
Pepe bianco ammaccato e sal nericcio.
Gran peccato è sprecar cento ducati,
E poi stivare i divaganti pesci 110Entro angusto catino. I riguardanti
Fa stomacar, se con man unte un servo
Che i rottami ingojò, maneggia i vetri,
E se attaccato a’ vecchi nappi è il loto.
Che spesa sono canovacci e scope 115E segatura? Ma il non farne conto