Dopo mangiato si prendea per gioco
A maestra del ber la nostra coppa.
Porti a Cerere preghi, ond’ella fesse
Crescer alto le messi, a noi spiegata 195E piana il vin rendea la brusca fronte.
Frema e nuove procelle iniqua desti
Fortuna a’ danni miei; Che può scemarmi?
Quanto poco più scarso è il vostro, o figli,
E il vitto mio da che novel qua dentro 200Colono entrò! Poichè di queste terre
Nessun proprio padron nè me, nè lui
Nè verun altro instituì Natura.
Me quegli discacciò, lui pure o il lusso
O l’imperizia de’ forensi lacci 205O certo alfin discaccerà un erede,
Che in vita rimarrà dopo di lui.
Questo poder che pria d’Ofello, ed ora
D’Umbren si noma, di nessuno è proprio;
Ma all’uso servirà di questo e quello. 210Su dunque fate cuore, e forti petti
Recate incontro alle vicende avverse.