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Diamo pur che Lucilio urbano e colto
E più limato ancor fosse del primo
Inventor d’un poema allor nascente, 95
Nè da’ Greci tentato, e più di tutto
Il poetico stuol che lo precorse.
Tuttavolta se il fato a questi nostri
Dì serbato l’avesse, egli vorrìa
Molte cose limar, recider tutto 100
Quel che trascorre oltre i confin del retto,
E spesso nel compor vedriasi il capo
Grattare, e l’unghie rosicchiar sul vivo.
Molto correggi, se vuoi carmi degni
D’esser letti due volte, al giorno esporre. 105
Nè darti briga di piacere al vulgo,
Ma di pochi lettor vivi contento.
La pazza voglia hai tu che nelle abbiette
Scuole dettati sieno i tuoi poemi?
Io no: sol godo che mi faccian plauso 110
I cavalier, come dicea l’audace
Arbuscula indurita alle fischiate.
Ch’io quel cimice curi di Pantilio?
O mi prenda dolor di quanto gracchia
Dietro le spalle contro me Demetrio, 115
O lo scempiato Fannio scroccatore