Pagina:Satire (Orazio).djvu/123


125

Questi ingollando i pasticcetti interi
Movea le risa; e Nomentan col dito
Segnava il buono e il meglio a chi per sorte
40Nol conoscesse. Tutto il resto a tutti
È vivanda comun; ma noi, dicea,
Noi quì mangiamo uccelli, ostriche e pesci
D’un gusto ben dissimile da quello
Che agli altri è noto, e ne fei tosto prova
45Quand’ei d’un pesce Passero, e d’un Rombo
Spalle mi porse non mai più gustate.
Poi m’insegnò, che son più rubiconde
Le mele-nane colte a luna scema.
Tu meglio che da me, da lui saperne
50Potrai il divario. A Balatron poi disse
Vibidio: Se in rovina non si manda
Costui col ber, morrem senza vendetta.
E tosto dimandò tazze più grandi.
L’ospite allor discolorossi in viso,
55Che i forti bevitor teme all’estremo,
O perchè sono allo sparlar più rotti,
O perchè il largo ber fervidi vini
Le tenui fibre del palato assorda:
Vibidio e Balatron con gli allifani
60Nappi dan fondo agli orci. Altri seguiro