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SATIRA III.
A’ musici è comun questo difetto,
Che pregati a cantare infra gli amici,
Mai non fan grazia; se nessun gli cerca,
Costor non danno mai più fine al canto.
5Tal fu Tigellio il Sardo. A lui potea
Fare Augusto medesmo istanze e preghi
Del suo gran padre e di se stesso in grazia,
Tutto era van; se gli saltava il grillo,
Dal suo primo cenar sino alle frutta
10Trillava, evviva Bacco, ora in soprano,
Or nel più basso tuono. Ei non fu mai
A sè medesmo ugual. Correa sovente
Qual chi fugge il nemico, e spesso andava
Lento come chi porta in giro i sacri
15Cesti di Giuno. Or ei dugento servi,
Or n’avea dieci a pena. A bocca gonfia
Parlamentava di tetrarchi e regi;
Poi detto avria, d’un qualsivoglia desco,
D’un salin puro, d’una grossa vesta,
20Che dal freddo mi pari, io son contento.
Ma se a quest’uom sì moderato e parco
Donavi un milion, tra cinque giorni