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xcviii prefazione

fanno una pittura piacevole e seducente, mostrandolo all’ombra e con tal veste che gl’incauti lo sbagliano facilmente per la virtù. Sui quali libri, che alla giornata vengono fuori con più frequenza e facilità degli almanacchi a infestare il campo delle lettere, io vorrei che si scrivessero queste parole di Virgilio: «o giovani, che andate cogliendo fragole e fiori, fuggite via di qua: un velenoso serpente sta rimpiattato fra l’erba».1 Ma può dirsi questo di Giovenale? Pigliatemi il passo più licenzioso delle sue Satire, e ditemi se a quella lettura, anzichè allettati a lascivia, non vi sentite compresi di raccapriccio e d’orrore! ditemi se quei quadri, che si vogliono pericolosi, non sono fatti in modo, che il vizio stesso non saprebbe rimirarvisi, senza provare di sè disgusto e vergogna! Tutto al più, io direi che questo libro non è adatto ad ogni sorta di lettori, nè conviene alla mente serena dei giovani; ai quali è una crudeltà strappare innanzi tempo dagli occhi quel velo che non lascia loro vedere tutto il male che fu, ed è nel mondo; e certi vizj è bene che non li conoscano neppure per odiarli. Ma a questo ha provveduto da sè il Poeta, scrivendo in maniera che il suo stile chiuso, pensato e curatamente disadorno come attira e ferma gli uomini maturi, così respinge e stanca tutti coloro, cui riescono pe-

  1. Egloga III, 92.