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prefazione lxxxix

stippo, esagerò tutte le virtù: le quali parvero molli, se non facessero sentire la loro asprezza. E gli effetti di tale esagerazione si risentirono ben presto anche nella letteratura, che allontanandosi adagio adagio dalla morbidezza o pastosità dello stile naturale, si volse sempre più al manierato e all’esaltato; e fu invasa dalla manìa della grandiosità e magniloquenza. Quintiliano si lagna più di una volta che lo Stoicismo avesse nelle cose del gusto trasportato le rigidezze della scuola, attristato li spiriti, seccato l’immaginazione, smagrito lo stile. Ad accrescere questa esaltazione influirono grandemente le pubbliche scuole dei Retori, nelle quali erasi rifugiata tutta l’eloquenza romana, da che il dispotismo cesareo aveala bandita dai Rostri e dai Comizj. Queste scuole, istituite dall’Impero e mantenute a spese del pubblico erario, erano divenute il campo di puerili esercizj, di sterili e vane declamazioni. Ivi, anzichè di soggetti veri e reali, che sarebbe stato pericoloso trattare, si addestrava la gioventù ad arringare di cose cavate dalla fantasia: e perchè il gusto del secolo era volto alla morale, di cui generalmente si parla più quando ve n’è maggior difetto; da essa il più delle volte si accattavano li argomenti: e per riempire il vuoto derivante dalla simulazione della verità, che sola può dare agli oratori la spontanea eloquenza, pretendeasi che bastasse infarcire la mente degli alunni con una filastrocca di regole e di precetti