Pagina:Satire (Giovenale).djvu/83


prefazione lxxxiii

sciare la via segnata dal suo predecessore, non fu perchè gli venisse in difetto la materia degna dell’impetuosità e veemenza Luciliana, ma perchè il genere faceto serviva meglio a’ suoi fini particolari; e perchè a trattare degnamente il serio ci voleva altra fibra che quella di un amico del morbido Mecenate, e di un cortigiano di Augusto; era richiesta altra fede che quella di chi riduceva tutta la morale ad un calcolo di utilità e di godimenti, e facea professione aperta d’essere un porco nitido e grasso della mandria di Epicuro1. Inoltre la società, sebbene già corrotta, non era fracida affatto, e conservava sempre un poco di pudore, studiandosi di salvare almeno le apparenze: talchè uno, il quale guardasse soltanto alla superficie, potea facilmente credere che non vi fosse neppure tutto il male che realmente v’era: e Orazio, troppo attento a compiacer Mecenate ed Augusto, non potea vedere più in là della superficie. Ma Giovenale fu altr’uomo: e visse in un secolo, nel quale — son parole sue — «ogni vizio era salito sì al colmo, che i posteri nulla potevano aggiungere alla presente scostumatezza; e un uomo onesto avrebbe dovuto esser di bronzo per contenersi, e non sentirsi ardere in petto la bile».2

Fu detto che il ridicolo, per correggere, ha

  1. Orazio, Epist., Lib. I, 4, in fine.
  2. Sat. I, 30, 45, 147.