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prefazione lxxv

per questo verso abbia trovato un valente apologista.1 Invano si cercherebbe fra li antichi e i moderni nel medesimo genere un pezzo di poesia paragonabile a questa, per la semplicità del disegno, la forza del sarcasmo, l’abbondanza e varietà dei quadri e dei particolari. L’occasione di essa è un pretesto. Un tale Ursidio, amico del poeta, dopo aver corso una lunga cavallina, avea risoluto di ammogliarsi. Giovenale procura di distornelo; e a questo fine gli schiera dinanzi agli occhi una lunga serie di tipi donneschi, parte ridicoli e strani soltanto, parte odiosi e abominevoli.

Le donne sono generalmente come gli uomini le fanno. In una società dove quelli sono costumati, troverete le donne casalinghe, massaje, pudiche, amorose; veri angioli delle mura domestiche. Là dove al contrario gli uomini sono carichi di vizj, troverete le donne girovaghe, capricciose, dissolute, sfacciate; non più angioli, ma demoni. La donna è fatta per essere, non la schiava, ma la compagna dell’uomo: e non la compagna di un tempo più o meno lungo, ma di tutta la vita. Se l’uomo, abusando del suo grado in società, s’arroga sulla donna dei privilegi, che nessuno gli diede; e cessando di considerarla qual parte di sè stessa, e avente nelle attenenze di famiglia i medesimi doveri e li

  1. Nägelsbach, Philol., T. III, p. 469.