Spagnolo avesse qualche dubbio d’essere mal corrisposto. «O perfida lingua, egli scrive, la quale tenti di farmi tipizzare col mio Giovenale, che cosa oserai tu di dire?»1 Questo discorso, o sia rivolto alla lingua stessa del poeta che parla, o a quella di un mettimale qualunque, viene a dire in sostanza che i due poeti non erano carne e unghia, e qualche volta aveano dei dispareri. Nell’altro, Giovenale è detto «facondo»:2 e questa parola che esprime molto meglio le qualità di un oratore che di un poeta, farebbe credere che la loro amicizia dovesse riferirsi specialmente agli anni della gioventù di Giovenale; quando cioè egli frequentava le scuole dei Retori, e si esercitava per passatempo nella eloquenza; e prima che acquistasse fama di poeta: il che avvenne assai tardi. E ammesso questo, scemerebbe d’assai il biasimo, che a giudizio del La Harpe il cattivo nome di Marziale riflette sul Nostro: poichè sarebbe un eccessivo rigore fargli carico, se negli anni delle bollenti passioni anche lui fece delle scappate, e fu una mosca senza capo: purchè all’età matura, e quando cominciò a menar la sferza sui vizj degli altri, avesse messo giudizio, e ritratto il piede dalle giovanili stravaganze. E così io credo: e forse per questo egli medesimo nella satira ottava vuole che «sia usata
- ↑ Lib. VII, 24.
- ↑ Ivi 91.