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lviii prefazione

para le dieci riconosciute dalle altre riprovate; nè danno segno di averla veduta gli antichi, tanto contemporanei quanto posteriori; al gusto dei quali ci rimettiamo volentieri più che al nostro debole giudizio: e perciò crediamo che dato anche il caso della falsificazione, un falsificatore, il quale è stato buono di mettersi ne’ piedi di Giovenale senza che nessuno s’accorgesse fino ad ora dell’inganno, abbia dovuto essere qualche cosa di più che «un poetastro affamato». Vi è senza dubbio una differenza di carattere — ognuno la sente — tra le prime e le ultime Satire, vuoi per l’invenzione, vuoi per lo stile; ma questa si spiega benissimo dalla diversa età e condizione d’animo del Poeta, quando le scrisse. In quelle che furono l’opera, se non della sua gioventù, certamente della prima virilità, e sgorgarono dalla sua penna sotto l’impressione più recente del feroce e spudorato governo di Domiziano, si capisce come debba esservi più fuoco, più impeto, più movimento e colorito drammatico; è naturale che vi si debba maggiormente sentire quella indignazione che «gli faceva i versi a dispetto della natura», e che il satireggiare sia più oggettivo, più concreto; più volto a ferire il vizio che ad incensare la virtù, più a distruggere che a edificare. In quest’altre, che furono composte quando il Poeta era già vecchio; quando i tempi erano d’assai migliorati sotto più miti e ragionevoli governi; e quando perciò quello sde-