pancia fino agli occhi; tal altro mostra una lettiga chiusa e vuota, e vuol far credere che sia lì dentro la sua donna malata.1 Leva la maschera dal viso a certi Catoni da bordello, che atteggiandosi a filosofi stoici, sotto il mantello di un rigorismo eccessivo, coprivano le più infami oscenità. A sentirli parlar sempre di virtù, e sbraitare contro i vizj; a vederli di fuori tutti pelosi e accigliati, tu daresti loro un animo severo, quasi feroce; ma il medico sa come stanno sotto, e ride spesso alle loro spalle.2 Fa una viva pittura di quei greconzoli, gente piena di fumi e di gherminelle, i quali trasportati a Roma fra balle di susine e di fichi secchi, e senza scarpe in piedi, si spacciano buoni ad ogni cosa: e riusciti a ficcarsi nelle prime famiglie, la sanno tanto ben fare colle loro vili piaggerìe, che presto ne divengono l’anima e i padroni a danno e ruina di tutti i vecchi clienti, che sono da quelli posti in mala vista, e fatti cacciar fuori di casa.3 Ne avvisa di non andare nottetempo per le vie di Roma, dove quante si veggono finestre illuminate, tanti sono i pericoli di chi passa; poichè di lassù buttansi spesso vasi rotti e sbreccati, e rovesciansi immondizie.4 Nè di rado avviene d’imbattersi in alcuno di quei bravacci, che non
- ↑ Sat. III, 95 segg.
- ↑ Sat. III, 11 segg.
- ↑ Sat. III, 88 segg. VII, 16.
- ↑ Sat. III, 268 segg.