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lii prefazione

pancia fino agli occhi; tal altro mostra una lettiga chiusa e vuota, e vuol far credere che sia lì dentro la sua donna malata.1 Leva la maschera dal viso a certi Catoni da bordello, che atteggiandosi a filosofi stoici, sotto il mantello di un rigorismo eccessivo, coprivano le più infami oscenità. A sentirli parlar sempre di virtù, e sbraitare contro i vizj; a vederli di fuori tutti pelosi e accigliati, tu daresti loro un animo severo, quasi feroce; ma il medico sa come stanno sotto, e ride spesso alle loro spalle.2 Fa una viva pittura di quei greconzoli, gente piena di fumi e di gherminelle, i quali trasportati a Roma fra balle di susine e di fichi secchi, e senza scarpe in piedi, si spacciano buoni ad ogni cosa: e riusciti a ficcarsi nelle prime famiglie, la sanno tanto ben fare colle loro vili piaggerìe, che presto ne divengono l’anima e i padroni a danno e ruina di tutti i vecchi clienti, che sono da quelli posti in mala vista, e fatti cacciar fuori di casa.3 Ne avvisa di non andare nottetempo per le vie di Roma, dove quante si veggono finestre illuminate, tanti sono i pericoli di chi passa; poichè di lassù buttansi spesso vasi rotti e sbreccati, e rovesciansi immondizie.4 Nè di rado avviene d’imbattersi in alcuno di quei bravacci, che non

  1. Sat. III, 95 segg.
  2. Sat. III, 11 segg.
  3. Sat. III, 88 segg. VII, 16.
  4. Sat. III, 268 segg.