Pagina:Satire (Giovenale).djvu/318

206 SATIRE

Sì rende, più non vive, ancorché cento
Ostriche di Lucrino ad ogni pranzo
Mettasi in corpo, e s'impatacchi tutto
Cogli unguenti di Cosmo. *® Quando alfine,
Dopo lungo aspettar, d'una provincia
Governator sarai, tieni Io sdegno;
La cupidigia affrena; e compatisci
I soci, a segno tale immiseriti
Che son ridotti già, come tu vedi,
Ossa scarnite e vuote di midollo.
Degli editti dei padri e delle leggi
Esecutor fedele abbi dinanzi
Qual premio attenda i buoni; e qual condanna
Fulminasse il Senato e giustamente
Su Capitone e Numitor, pirati
Della Cilicia. ** Ma il punir che giova?
I Ciò che sfuggì di Natta alle rapine.
Pausa sei toglie. " Un banditore adunque
Cerca, o Cherippo,-" e il resto dei tuoi stracci
Vendi alla tromba; e zitto: una pazzìa,
D'ire a chieder giustizia, ornai sarebbe;

85Dignus morte perit, coenet licei ostrea centum
Gaurana et Cosmi tote mergatur aeno.
Expectata diu tandem provincia quum te
Rectorem accipiet, pone irae frena modumque,
Pone et avaritiae, misererò inopum sociorum:
90Ossa vides rerum vacuis exsucta medidlis.
Respice, quid moneant leges, quid curia mandet,
Praemia quanta bonos maneant, quam fulmine iusto
Et Capito et Numitor ruerint, damnante senatu,
Piratae Cilicum. Sed quid damnatio confort,
95Quum Pausa eripiat, quidquid tibi Natta reliquit?
Praeconem, Chaerippe, tuis circumspice pannis,
tace; furor est post omnia perdere naulum.