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prefazione xxix

è stata, si può dire, fino a ieri, non essendo facile accertare chi degli antichi sia stato più veridico narratore, nè potendosi dai riferiti passi del Poeta che, tutto al più, arguire ch’egli era stato in ambedue questi paesi, e massimamente in Egitto; a proposito del quale le sue parole sono molto più significative e chiare. Volle però fortuna che, non sono molti anni, si disseppellisse nella patria stessa di Giovenale un’antica iscrizione; la quale non solamente porge solidi argomenti per isciogliere questo nodo, ma dà altre notizie importanti intorno alla vita del Poeta, specialmente rispetto ai suoi sentimenti religiosi. È un epitaffio per la dedica e consacrazione a Cerere di un tempietto a spese di un tal Decimo Giunio Giovenale: e questi non può essere altri che il Nostro, come ne dà certezza e il luogo dove la lapida fu trovata, e la perfetta consonanza dei nomi e del tempo, nonchè la Divinità a cui il tempietto era consacrato; rilevandosi da un passo della terza satira,1 che il Poeta e i suoi concittadini erano di Cerere assai devoti. Ora in questo medesimo epitaffio Giovenale è chiamato «Tribuno della prima coorte dei Dalmati». Se si potesse dunque mettere in chiaro dove campeggiava la detta coorte durante il regno di Domiziano, sarebbe remosso ogni dubbio intorno al luogo che diede ricetto al Poeta. Ma dai diplomi imperiali apparisce che in

  1. Verso 320.