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di giovenale 73

Ei lo comprò per sè. Si vedon cose
Da far parere un taccagno, una lesina
Lo stesso Apicio.1 Un pesce a questo prezzo
Tu, Crispino, che dianzi andavi attorno
Vestito di traliccio paesano?
Comprar poteasi forse anche per meno
Lo stesso pescator. Tanto in provincia
Costa un podere; e una tenuta in Puglia.
E se un giullar di corte imporporato,
Uno che da ragazzo andava in giro
Per i borghi bociando a squarciagola:
«Oh le belle sardine! io dolle a poco»2
Poi fatto general dei cavalieri
Tanti ruttò sesterzi con un pesce,
Che di sue cene ben poteva dirsi
Il piatto men costoso; immaginate
Or voi che razza di manicaretti
Dovea papparsi dell'Impero il Sire.
     Su, Calliope, siedi ed incomincia:
Uopo non v'è di tromba: il fatto è vero.
Voi lo narrate in luogo mio, voi stesse
Pieridi fanciulle; e al mio racconto
Acquistin maggior fede i detti vostri.3

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  1. Vi furono in Roma tre Apici, gran dilettanti di tutti i punti della gola. Il primo fu contemporaneo di G. Cesare; il secondo visse sotto Tiberio; e il terzo ai tempi di Trajano. Più famoso di tutti è il secondo, che dette pubblicamente lezioni di ghiottoneria, e scrisse un libro sulla maniera di aguzzar l'appetito: De gulae irritamentis. Si dice che poi si avvelenasse, perchè essendogli rimasto soltanto qualche milione di rendita, avea paura, meschinello! di morir di fame.
  2. Ricorda a Crispino la sua vile provenienza di pescivendolo.
  3. Le parole prosit mihi vos dixisse puellas, secondo me, non sono state intese a dovere dai commentatori e traduttori che ho visti: i quali, spiegandole mi valga l'avervi chiamato fanciulle, mi pare che facciano dire a Giovenale una spiritosaggine fuori di luogo e insipida; e che la frase e il contesto si porgano meglio alla mia interpretazione.