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xvi | prefazione |
ad Adriano, non ebbero presente che, sebbene Adriano favorisse anche più del suo antecessore le lettere e le arti, egli non fu nè il primo nè il solo, sapendosi da Plinio e da altri che, prima di lui, le aveva favorite Trajano; e che sotto Adriano dalla liberalità del capo dello Stato non andò disgiunta quella dei privati.1 Per conseguenza, se Giovenale nel proemio di questa satira accennasse ad Adriano, dicendo che era stato il primo a proteggere li studi, avrebbe commesso un’ingiustizia contro Trajano; non tanto perchè gli avrebbe negato il merito, che veramente ebbe, d’essere il primo dopo Augusto a porgere una mano benefica ai letterati; quanto perchè avrebbe accumulato nel successore di lui sì fatte lodi, nelle quali nessuno negherà esservi una riprensione indiretta dell’Imperatore precedente: il che facendo si sarebbe mostrato non pure ingiusto, ma sì anche incauto e imprudente, avuto riguardo alla grata memoria che di sè avea lasciato Trajano; la quale dovea rendere men che gradevoli cotali immeritati rimproveri.
Coloro che sostennero essere Adriano l’imperatore elogiato, furono condotti in inganno da un falso supposto. Giovenale in questa satira ricorda Quintiliano come un esempio di fortunata
- ↑ Plin., Paneg.: «sub te spiritum et sanguinem et patriam receperunt studia, quae priorum temporum immanitas exiliis puniebat».