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cx prefazione

prive di meriti, non si leggono senza fastidio e stanchezza, e soltanto da quelli, che se ne vogliono aiutare per capir più facilmente l’originale. Io dunque mi son proposto di riparare a questo difetto; e salvando sempre, fin dove si poteva, il carattere dell’autore e la fedeltà, ho voluto più fare un Giovenale italiano che una traduzione di lui, come parmi che facessero con Virgilio e Omero il Caro e il Monti, che in tale materia non hanno chi li pareggi, e meritano davvero di esser presi a modello. A conseguire più agevolmente l’intento; considerando che la satira, nata ad un parto colla commedia, si aggira fra li umani convegni, e ritrae quasi sempre i costumi e le usanze della vita comune, mi son creduto, se non sciolto, almeno con una qualche libertà legato a certi rigori di lingua, che per alcuni nostri legislatori di grammatica sono come il Dio Termine dello scrivere: e quando mi è capitata l’opportunità, più che i freddi responsi di un vocabolario, ho consultato i pittoreschi parlari del mio popolo toscano: al quale in opera di lingua io m’inchino più che a tutti i chiarissimi parrucconi che sputano tondo. Se sarò riuscito a far cosa utile e di gradimento agli amatori delle buone lettere, non so: questo so dicerto, che ho voluto a tutto mio potere: e poniamo mi sia venuto meno l’ingegno, non mi è mancato nè il lungo studio nè il grande amore del libro, che oggi io presento loro in nuova veste italiana. Il quale, ancorchè sia lo specchio di