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prefazione ciii

castigato che quello di Giovenale, oltre una certa tutta sua propria velocità d’espressione, che lo rende unico e solo tra i classici tutti quanti. Se ponderiamo finalmente il valore delle sentenze, giudico Orazio il più amabile, Giovenale il più splendido, Persio il più saggio. Confuso fra gl’infimi nelle lettere; e non ligio nè ad un sol libro, nè ad un solo bello esclusivo; estimando tutti li scritti secondo che mi commuovono; nemico di tutte le parasite eleganze, e rapito di quelle uniche che mi portano qualche cosa nell’anima, con pace dell’Einsio, del Casaubono e dello Scaligero, e di tutti i devoti di un solo culto, io mi dono or all’uno or all’altro dei tre satirici, siccome il cuor mi significa. Quando cerco norme di gusto, vado ad Orazio; quando ho bisogno di bile contro le umane ribalderie, visito Giovenale; quando mi studio di essere onesto, vivo con Persio: e omai provetto qual sono, con infinito piacere mescolato di vergogna, bevo i dettati della ragione sulle labbra di questo verecondo e santissimo giovinetto».

Il mio discorso già volge al suo termine: e anticipo volentieri questa notizia a chi ebbe la pazienza di leggermi fin qui; perchè non gli devo parer vero, che questa pappolata finisca una volta. Non mi resta ora che a dire due parole degl’interpetri e traduttori di Giovenale, che mi hanno preceduto. Accennando più qua e più là i lavori di critica fatti intorno al grande Satirico, non