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c | prefazione |
e come lo raccomandasse anche nel parlare, quando le persone che ascoltano potrebbero da una parola non ben misurata prender motivo di scandalo, si sente in molti luoghi, ma più che altrove nella Satira decimaquarta; nella quale parlando della forza dell’esempio sulla educazione della gioventù, esce in queste sante parole: «nulla di sozzo a vedere o udire tocchi le soglie dove dimora un fanciullo: lungi, sì lungi di là le femmine di partito, e i notturni canti dei parassiti: il maggior rispetto è dovuto ai bambini».1
Dovrò io purgare il Poeta anco dalla taccia di crudele? Ma egli crede che la bontà dell’animo è un debito che tutti abbiamo verso la società2 e che l’uomo si rende colpevole non pur facendo il male, ma solamente a pensarlo;3 egli perora la causa di tutti gl’infelici;4 egli si fa il difensore dei vinti e dei deboli, dei poveri e degli oppressi;5 egli fulmina il duro e rapace governo dei Proconsoli, che spogliavano le provincie, non lasciando ai loro amministrati che gli occhi per piangere;6 egli censura seriamente quei padri, che invece d’ispirare ai loro figli sentimenti di mitezza e di bontà, insegnano loro coll’esempio a incrudelire