Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/86

78 lettere di fra paolo sarpi.

a me, credo che averebbono per vergogna che fosse successo un gran fatto per altre mani; e se bene tutto non si scoprirà, non so se varranno ancora a tutto coprire. Io crederò il ragionevole senza fare loro torto, poichè non capit prophetam perire extra Hierusalem.1

Quanto a Fra Fulgenzio, non è vero che sia posto in galera, nè dopo che fu messo prigione all’Inquisizione, si ha saputo di lui altro con certezza. Un mese è che li Padri del suo ordine da Roma scrissero, ch’era morto in prigione, di laccio; e così essi tengono per certo: ma io non ne ho altri riscontri. Mi resterebbe dirle alcune altre cose, le quali avendo scritto a monsieur Castrino e mancando di tempo, lo prego che gliene faccia parte. E qui facendo fine, le bacio riverentemente la mano.

Di Venezia, li 8 giugno 1610.




CXLI. — A Giacomo Leschassier.2


Non ho parole da raccontare con quanto rammarico si udisse qua la notizia della morte del re; giacchè in lui solo pareva riposta la speranza della cristiana libertà. Egli ebbe d’immaturo soltanto l’estremo fato, e non senza gloria morì; ma troppo presto pel regno e per la repubblica cristiana. Ammiro io sì e venero insiememente i divini giudizi:


  1. Il Sarpi, calmata la prima effervescenza dell’ira suscitata da un tanto delitto, perseverava nel credere i Gesuiti indirettamente colpevoli della morte di Enrico IV. Vedi al principio della Lettera CXLIII.
  2. Edita fra le Opere ec., in latino pag. 83.