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58 lettere di fra paolo sarpi.

S.V. fa, giurisprudenti e teologi abusatori dei luoghi biblici, se mel permette, io stimo che se n’abbia a far diverso giudizio, i secondi biasimando e scusando i primi. Io metto i teologi nella categoria di coloro che abusano le cose altrui, e viceversa i giureconsulti. La parola del Signore dura in eterno, nè agli uomini è dato abolirla o mutarla; ma le leggi soggiacciono all’uso, che (quali ch’esse sieno) vale ancora a distruggerle. Che meraviglia, perciò, se con sapiente e opportuna interpretazione s’acconcino alle circostanze e agli eventi? Di questo mi ha erudito la romana curia, dacchè divenne più savia. Una volta, niente più costumava che ritirare o derogare o canoni o costituzioni: sconcio fecondo d’infiniti spregi. Ora si guarda bene dal farlo: li ha invece in altissima venerazione, ma pure ne piega lo esplicamento a suo prò. E così si fa del Concilio di Trento. Ma che dirassi, quando la interpretazione fa a calci col testo? L’obiezione non è a proposito: se la legge non ne riceve reale onoranza, nemmanco le si fa ingiuria manifesta. Ma troppo ho divagato in queste ciance: ritorno al proposito.

Ho letto parecchie volte il libro delle Pratiche del Covarruvias, e segnatamente il capitolo 33; nè mai posi mente là dove dice che altri scrittori spagnuoli avevan preso a patrocinare la prassi dei tribunali regi. Gli avvisi da Lei dati non saranno invano: io farò sicuramente indagini e avrò alle mani codesti autori. Se saranno pubblicate le risposte del Vamesio1


  1. Giovanni Wames, e latinamente Wamesius o Vamessius, di Liegi, autore di un libro intit. Responsorum, sive Consiliorum Juris, Centuriæ sex; e d’altri. Godè l’amicizia di Giusto Lipsio, che ne pianse la morte nel 1590.