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lettere di fra paolo sarpi. 57

press’a poco come quei Musulmani che dànno da fare in Siria; e quasi tutti i giurisperiti d’Italia lo voltano agli ammazzatori per isborso di denaro. Se a me stesse il provare che un cherico il quale per denaro ha fatto uccidere altrui, è degradato ipso jure, direi senza meno: « v’ha il testo celebre 6 l. de hom. in 6;» inteso, cioè, comunemente così dagl’insegnati. Ora a noi. Ci ha la glossa 6. Literas de Jur. calum. la quale si allega per ordinario a significare che il possessorio di cose spirituali è un che di temporale. V.S. vedrà che Covarruvias, ed altri non trascurati, citano di questo tenore la glossa da me chiamata celebre. Se poi mi si chiedesse un giudizio sulla intelligenza esatta della glossa, lo emetterei francamente. Dallo accennar che fa la glossa, — sebbene in ordine alle cause spirituali non si giuri per calunnia, pure se si trattasse del possessorio, si giurerebbe per una cosa spirituale, — argomentarono i dottori: «Dunque, il possessorio di cosa spirituale non è spirituale, perchè non si giurerebbe per calunnia.» A me la conseguenza non pare necessaria, potendo le parole ricevere senza stiracchiatura un altro valore; cioè: in causa spirituale non si giura per calunnia, ma da questa regola si eccettua la causa possessoria di cosa spirituale; e certo è che ciò che si eccettua, appartiene alla stessa natura di quello che comprendesi nella regola. Per lo che, se taluno volesse dimostrare per quella glossa, essere spirituale il possessorio di cosa spirituale, non gli darei sulla voce, ma per l’unica ragione di questa pratica dello interpretare.

Quanto poi al mettere in un mazzo, come la