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lettere di fra paolo sarpi. 55

CXXXVI. — A Giacomo Leschassier.1


Il corriere di Lione non ci portò quel fascetto delle tre lettere del Legato, ma giunse a noi (e non so per quale altra via) il 15 d’aprile; nel qual giorno ricevei le sue lettere del 24 marzo. Di già pel corriere ordinario avevo scritto al signor Castrino, che niuna sua lettera mi era pervenuta, e lo pregava a ragguagliar di questo anche Lei.

L’ultima sua mi fu grata oltre modo. Con grandissimo piacere vidi la formola delle lettere del Senato di Provenza; e approvo con tutto l’animo che nel concederle si servano di un pubblico contradittore. Presso di noi fa ostacolo a potervi imitare il costume diverso. Pure brigherò (e penso riuscirvi) acciocchè il prefetto, a cui indirizza il Principe le sue lettere, pigli informazioni dal fiscale; e di qui forse tal fiata verrà che egli proponga qualche cosa in contrario, che da ultimo si rapporti al Senato, e così pongasi in essere l’uso del dare il possesso con cognizione: nel che veramente è il bandolo della matassa.

Le debbo e le fo infiniti ringraziamenti, a nome ancora di più persone, per l’inviatomi esemplare delle Lettere Patronali con più nomi. Validissima è, com’Ella avverte, la ragione del signor Menino, cavata da un’antichissima osservanza non contraddetta, e perciò approvata dai pontefici che la conoscevano. Niente è più autorevole della consuetudine; essa sola è legge. Il giure scritto è una larva, se a


  1. Edita in latino, tra le Opere ec., pag. 77.