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lettere di fra paolo sarpi. 45

ritto egli annida nell’alto petto: e cotali altre asserzioni, le quali se fossero conformi al vero, con ragione dovremmo noi soffrir taccia d’empietà, la quale pur ci è senza fondamento addossata, per aver sostenuta la ragionevolezza del restringere tra qualche limite questa tremenda e strabocchevole potenza.

Se le cose in Italia usciranno dallo stato odierno d’immobilità, bisogna aspettarsi che tutto fra breve si ricomponga in meglio. Scrissi al Menino in Padova,1 dove al presente dimora. A ragione V.S. gli vuol bene: com’Ella trovò schiettezza nelle sue lettere, così faccia conto essere in lui bontà d’indole e di costume. Amerei vederlo occupato nell’esame delle Pandette; è questo il suo cómpito naturale. L’incarico di decifrare il vecchio giure ecclesiastico, siccome riuscirebbe nuovo in Italia, così vorrebbe un uomo che più valesse per saldezza d’animo e coerenza di principii, che per eloquenza. A voi altri toccherebbe darci alcun che di simile a Cuiacio, Duareno, o (parlando più a proposito) al Leschassier: ma questo è meglio da desiderare che da sperarsi, se non ci soccorre la Divina Bontà, in cui sola devesi aver fiducia.

Qui ha preso forza la voce, che il re Cristianissimo faccia apparecchio di grandi forze militari: il che se, come penso, si confermerà, a molti cangiamenti andremo incontro; e neppure le cose ecclesiastiche ne andranno esenti, per quanti sforzi altri possa opporre. Il partito che prenderà il re verrà osteg-


  1. Professore di leggi e autore, non troppo coraggioso, di caustiche scritturelle, di cui parlasi nel tom. I, pag. 78 e in altri luoghi. Ma peggio che in questa, lo vedremo trattato nella seg. Lettera CXXXVI.