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44 | lettere di fra paolo sarpi. |
rappresenta; i chierici hanno sempre in serbo di nuovi sofismi per deludere l’autorità dei magistrati. Se ottenessero quello che chiedono in tal causa, starebbe senz’altro in loro arbitrio l’approvare o rifiutare le sentenze di quelli. A me ha recato assai molestia l’udire che i vostri preti esigono dagl’inferiori il giuramento di osservare il Concilio Tridentino; in quanto che temo da questi principii, che abbiano finalmente ad appiopparvela di viva forza. E se ci riescono, noi non avremo più modo a rintuzzar quella forza che gli vorrebbero dare in Italia, facendone la legge suprema. Ma che mostruosità è mai questa, che s’abbiano a imporre giuramenti ostili ai vescovi, al papa e ai regnanti? Qui apparisce un certo tal quale spregio delle divine cose. Da noi, la romana curia costringe i vescovi e gli abati a giurare sulle parole del pontefice; giuramento che è in voga per le feudalità: ma, del resto, innanzi a principi non emettono giuramenti. Che se potessimo (come ragion vorrebbe) reputare i prelati sciolti da quel giuramento, forsechè ne seguirebbe alcuna moderazione di quella romana strapotenza; giacchè se quello che a parole giurassero, in fatti non mantenessero in alcun modo, ciò tornerebbe a gravissimo scandalo dei popoli.
Rispetto a ciò ch’Ella scrive circa l’avvocato concistoriale, il quale prova le riserve da questo, che tutt’uno sia il concistoro di Dio e quello del papa, non le rechi maraviglia di sorta. Noi siamo ingombri fino agli occhi di simili libri. Oggimai tutte le quistioni si troncano per siffatte ipotesi: il papa è un secondo Dio, e può quello che Iddio stesso; d’ingiusta può tramutare in giusta una cosa; ogni di-