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lettere di fra paolo sarpi. 447

cipe restò in monasterio, ragionò con diversi frati; e prima andò in chiesa a vedere la sepoltura di Rinaldo Brederod,1 che morì in Friuli al tempo della guerra, e disse meravigliarsi che in quella chiesa si seppellisse eretici, e che quello era eretico. Li rispose il frate, esser costume dei monasteri di Venezia di seppellir li morti condotti alle chiese dai preti, senza ricercar chi sieno; e che non poteva credere che dai preti fosse stato accompagnato alla sepoltura un morto, se non fosse vissuto cattolico.

Introdusse ancora il signor principe col signor prior del monasterio ragionamento della persona mia. Li dimandò se io diceva messa, se la dicevo ogni giorno e a che ora, e se il popolo sta presente alla mia messa. Li rispose il priore, che io dicevo messa la festa, e spesse altre volte; che la mia messa era l’ultima, alla quale stava presente; il concorso del popolo esser ordinario nella chiesa. Li dimandò poi, se io ero accomodato con Roma; a che il priore rispose di non saper che io avessi avuto altra differenza se non quella per le scritture occorse nell’occasione dell’Interdetto. Soggiunse il signor principe, che quelle scritture le aveva vedute, e che in Francia erano della medesima opinione, e che la Sorbona di Parigi le approvava. Li dimandò appresso, se in monisterio io era mal veduto; se avevo alcun inimico, ovver emulo: al che essendo risposto di no, dimandò se io era nemico dei Gesuiti. A questo il priore passò con termini generali; e per divertirlo


  1. Si ha notizia (e di questo probabilmente vuolsi in tendere) di un Reinardo di Brédérode, olandese, che aveva messo a stampa un Giornale dell’ambasciata in Moscovia, relativa agli anni 1615 e 1616.