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lettere di fra paolo sarpi. | 441 |
legato perciò; anzi, che reputavo che mi fosse di utilità e beneficio, e quando non vi fosse legge che mi obbligasse, vorrei io obbligar me stesso. Disse il signor principe qualche parola in comprovazione, e poi passò a dimandarmi: se era lecito ad un principe introdur l’eresia nel suo Stato. Risposi che una interrogazione così generale ricercava una presta e risoluta risposta, che ciò non era lecito; ma che il punto stava in dichiarare che cosa s’intendeva per eresia, perchè la medesima cosa sarà stimata eresia da persone cattive che vogliono opprimer altri sotto pretesto di religione, e da buoni cristiani vien tenuta per sana dottrina. Soggiunse il signor principe: — Parliamo, adunque, di quelle che sono eresie già condannate da tutti. Dimando se è lecito ad un principe condur tali eretici nello Stato suo. — Risposi che questo in alcuni casi potrebbe esser male, e in altri bene: perchè, se un principe ammettesse eretici nello Stato suo a fine che i propri sudditi fossero contaminati, sarebbe un gran male; ma se lo facesse a fine che quegli eretici fossero instrutti e diventassero cattolici, sarebbe un gran bene; e che innumerabili possono esser le cause cattive e innumerabili le buone: ma che un principe, il quale non riconosce superiore se non Dio, non è tenuto a dar conto delle cause che lo muovono, e ognuno debbe stimare che siano giuste e ragionevoli; perchè gli altri che vogliano condannarlo e farsi giudici, offendono Dio, usurpandosi quello che sua divina Maestà s’ha riservata, che è l’esser solo giudice de’ principi sovrani.
non cadeva sulle eccezioni (sempre pessime), ma sulla legge stessa che ha riguardo ai diritti naturali e all’umana dignità.