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lettere di fra paolo sarpi. | 435 |
le cose, cangiando solo il carattere dello scritto. Creda la S.V., che nulla mi può comandare, ch’io non mi renda sollecito di eseguire con sommo piacere e gradimento. Ma di ciò basti; che lo aggiunger parole farebbe segno che io credessi parlare con un estraneo, e non con un altro me stesso.
Quel ch’Ella scrive del P. Coton m’ha recato stupore; e credo che la cosa non passi senza un gran mistero. Prego la S.V. a guardarsi dalle insidie, e a giustificazione del mio timore le metterò innanzi un breve racconto. Ho conosciuto a lungo in Padova e Venezia Giacomo Badoer, addetto fino alla superstizione alla religione riformata: tornatosi in Francia si fece dei nostri. Come si fu ricondotto in Italia, gli domandai per quali ragioni si fosse staccato dal culto nel quale era nato ed allevato. Mi rispose che il P. Coton, che avea percorso la città di Meloun o d’Abdera, con validissimi argomenti gli fe disimparare ed estirpò dall’animo ogni religione e poi gl’infuse nel vacuo petto la più salutare. E che non può temersi da un uomo che non teme alcuna divinità? La ventura del Concino1 e della sua ve-
- ↑ Ucciso, mentre voleva difendersi, per non esser fatto prigione, come il giovane re aveva comandato. La sua vedova fu processata, com’è notissimo, per maliarda e come tale fatta morire. Vergogne di Francia prima, vergogne poi; nè certo onore d’Italia l’aver potuto arricchirla di que’ due ambiziosi, mal destri insieme e malvagi. Molti novelli particolari intorno a quei fatti e ai viluppi inestricabili della corte parigina in quei giorni, verranno a sapersi per la pubblicazione, che sappiamo non lontana, delle Lettere del nunzio Guido Bentivoglio al cardinal Scipione Borghese.
quale poi morto, sembra che il Gillot ne facesse domanda per sè medesimo. Rivedasi, in ispecie, la sopracitata Lettera CCXIX.